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Cosa facciamo » Circuito dell'Eccellenza » Chiesa della Gancia

Orari di Visita:
ESTIVO (da Aprile ad Ottobre): da lunedi al Sabato ore 9:30 -13:30
INVERNALE (da Novembre a Marzo): solo Sabato ore 9:30 - 13:30
MODALITA': Visita con contributo minimo di €2.50 a persona
RIDUZIONI: Circuito dell'Eccellenza e Circuito del Sacro € 1.50 a persona


Chiesa di Santa Maria degli Angeli o della Gancia.

La chiesa, detta anche Chiesa della Gancia, è situata a pochi passi dal porto di Palermo, all'interno del quartiere-mandamento denominato della Kalsa (dall'arabo "al-Halisah" = l'eletta) la cui origine risale al IX sec. quando accoglieva la cittadella fortificata dell'insediamento musulmano, il Palazzo degli Emiri e dei suoi dignitari. Nei secoli successivi, il quartiere assunse nuovi aspetti per la costruzione di molti palazzi mobiliari (Palazzo Abatellis oggi Galleria Regionale, Palazzo Palagonia, Palazzo Gangi, etc.) specie sulla via Alloro e sul piano di Piazza Marina.  Dopo la trasformazione di Palazzo Chiaramonte-Steri in sede di Tribunale dell'Inquisizione, al quartiere venne assegnato anche l'appellativo di Tribunali. Nell'area, accanto alle più ricche dimore della nobiltà palermitana, si edificarono molti edifici sacri ed i complessi conventuali di importanti Ordini Religiosi, tra cui anche i Francescani che costruirono la Chiesa ed il Convento di Santa Maria degli Angeli (la Gancia) .

Il Convento della Gancia (dal greco γανγαγια e dal latino ganea = luogo solitario e isolato) venne fondato dall’Ordine dei Frati Minori Francescani arrivati in Sicilia intorno al 1212, come ospizio e come ricovero destinato ad accogliere pellegrini forestieri e gli stessi frati quando, dal periferico Convento di Santa Maria di Gesù dove risiedevano abitualmente, si recavano in città. La costruzione della Chiesa e del convento ebbe inizio tra il 1484 e il 1489 con il nome di Santa Maria degli Angeli, in ricordo della chiesetta della Porziuncola, luogo sacro in cui il fondatore dell’Ordine, S. Francesco d’Assisi, ricevette da Gesù il Cartiglio della Indulgenza.

L’esterno della Chiesa richiama i valori di semplicità e povertà assunti dall’Ordine dei Francescani Osservanti. La facciata principale si affaccia sul Cortile della Gancia ed è caratterizzata da un portale del 1530, sormontato da una elegante monofora. L’ingresso alla chiesa è abitualmente dal fianco laterale sulla via Alloro, attraverso un portale ad arco ribassato gotico-catalano, con sopra il bassorilievo della Vergine degli Angeli. L'interno è a croce latina, navata unica con otto cappelle per lato. La navata centrale ed il transetto sono coperti da un soffitto ligneo a cassettoni con piccole stelle indorate. Nel 1672, a seguito dei lavori di ampliamento della cripta, avvenne il crollo del transetto e del presbiterio. La loro ricostruzione e un nuovo apparato decorativo ad opera di artisti come Giacomo Serpotta, Andrea Surfarello e Gaspare Farina, danno una configurazione barocca alla chiesa che in parte e andata perdendosi nel corso dei secoli. Sopra la porta centrale e sorretto da due colonne vi è il coro con il magnifico organo, opera di Raffaele La Valle, sormontato dallo stemma dell’Ordine francescano.  Lungo i due lati della navata e al di sopra della cappelle vi sono degli affreschi raffigurati alcuni Santi francescani eseguiti nel 1697 da Antonino Grano e Filippo Tancredi. L’altare in stile neoclassico è sovrastato da una croce lignea con Crocifisso, opera di Venanzio Marvuglia ed è decorato con scene dell’antico Testamento. Esso sostituisce l’antica tribuna di Antonello Gagini andata persa nel crollo del 1672 e della quale si conservano ancora due formelle marmoree ai lati dell’altare. Opera di Giuliano Mancino e Bartolomeo Berrettaro è il gruppo marmoreo sito al centro dell’abside che rappresenta la Vergine con il Bambino e San Francesco nell’atto di ricevere la Porziuncola. Nelle varie cappelle sono custodite molte opere pittoriche e sculturee dei più importanti artisti di Sicilia ed alcune sono riccamente decorate con tarsie marmoree policrome. Esemplare è la tela di San Pietro d'Alcantara eseguita nel 1640 da Pietro Novelli e custodita nell'omonima cappella.

"Tra tutte le cappelle, più affascinante e ricca si presenta la Cappella dello Sposalizio (1509) al cui interno si conservano alcuni tra gli affreschi più belli di Filippo Tancredi; dipinti nella volta e nelle lunette sono le storie dell’infanzia di Cristo mentre in alto a destra vi è il capolavoro in stucco di Giacomo Serpotta, il Monachino, un puttino (bambino) che indossa il saio francescano. Sopra l’altare in marmo rosso del 1730, si trova la tavola dello Sposalizio della Vergine (1520-30) attribuita a Vincenzo da Pavia, circondata da angeli in stucco di Giacomo Serpotta e sovrastata dall'altorilievo con la visione dell'imperatore Augusto della Vergine. Altrettanto affascinante è la Cappella del Bambino Gesù, dedicata alla veneratissima statua in legno del Bambino Gesù portata alla Gancia nel 1719 direttamente da Gerusalemme. Il Bambinello miracoloso viene custodito a turno e per tutto l’anno da famiglie devote, per poi tornare in chiesa il 25 dicembre ed essere festeggiato da tutto il quartiere, per l'Epifania. Ed ancora si segnala per importanza storica e a testimonianza di un periodo buio e triste della terra di Sicilia, la Cappella della Madonna di Guadalupe, concessa dal 1508 alla Nazione Spagnola per accogliere le sepolture della Fraternità Spagnola di Palermo invero degli alti prelati inquisitori di Sicilia. La cappella fu danneggiata nel crollo strutturale del 1672 ma poi totalmente ricostruita. Attualmente inaccessibile per il persistere dei lavori di restauro, conserva al suo interno tele dei pittori Vincenzo Bongiovanni e Vincenzo da Pavia , opere in stucco di Giacomo Serpotta e sull’altare la statua della Madonna con il Bambino. Il pavimento della Cappella così come lo spazio esterno antistante, è interamente ricoperto da lapidi sepolcrali di spagnoli, sia nobili che potenti inquisitori del Sant' Ufficio. Tra le varie sepolture vi è quella di Mons. Juan Lopez de Cisneros, l'alto prelato dell'Inquisizione ucciso dall'eretico Frà Diego La Matina, la cui vicenda è storicamente narrata da Leonardo Sciascia nel libretto Morte dell’Inquisitore. Lo scrittore narra che nella mattina del 4 aprile 1657 il frate di Racalmuto accusato di eresia e rinchiuso nelle dure carceri dello Steri- sede del Tribunale dell'Inquisizione dal 1605 al 1782- sottoposto a più riprese a terribili torture, finì per uccidere in un estremo atto di ribellione l’Inquisitore Diego Cisneros, seppellito poi nella vicina chiesa della Gancia. L'oscuro periodo dell'inquisizione in Sicilia, istituita dall'aragonese Ferdinando il Cattolico nel 1513 e protrattasi fino al 1782, rappresenta un triste capitolo nella storia di Sicilia, con anni di terrore in cui uomini e donne anche della borghesia, sperimentarono in nome della sovranità del Sant' Uffizio, atroci torture, condanne ingiuste e persecuzioni; i condannati, spesso innocenti, erano oggetto di spettacolari sentenze e di pubbliche esecuzioni in piazza con acclamazioni di popolo per edificanti "auto da fè"= Atto di Fede ( cerimoniale riservato ai condannati che prevedeva la messa, la processione, l'ufficiale proclamazione della condanna assegnata e la pubblica esecuzione a cui solo raramente l' atto di pentimento, l'atto di fede, poteva sottrarre il condannato). La vicenda di Frà Diego La Matina trattata dallo Sciascia trova vigore negli studi del 1906 di Giuseppe Pitrè, volti a decifrare i graffiti riportati sulle pareti delle carceri dello Steri, che sebbene testimoni di dolore, disperazione ed angoscia non sempre rivendicano vendetta, come riesce ad ottenere l'eretico Frate che ha l'ardire di uccidere il suo persecutore. Ma l'omicidio, più che atto di giustizia, fu interpretato proprio dall'Uffizio come atto di martirio riservato al lodevole Monsignor Cisneros che periva "en el mismo exercitio de inquisidor" e pertanto degno di essere accolto nella Cappella Spagnola della Gancia. Sul lato destro della cappella spagnola, si trova il singolare Sepolcro di Giovanni Osorio Quiñones caratterizzato dall’immagine di uno scheletro con epitaffio in lingua spagnola che allude all’inevitabilità della morte. Un'abbondanza di decorazioni in marmi mischi sono visibili nella Cappella dell'Immacolata Concezione con affreschi del Tancredi e nella Cappella di Sant'Antonio da Padova, arricchita quest'ultima anche da splendide colonne tortili ad incorniciare la nicchia con il Santo. Tra le due cappelle, un raffinato Pulpito marmoreo a cinque scomparti con al centro il Cristo Risorto ed ai lati quattro Evangelisti di scuola gaginiana. La Cappella della Natività(1544) accoglie una splendida tavola della Natività del 1520 di Vincenzo da Pavia commissionata dalla famiglia Mastrantonio. A sinistra della cappella la tela dei Ventitrè Beati Martiri Giapponesi raffigura la crocifissione subìta a Nagasaki nel 1597 dai francescani ed il mezzo busto ligneo dell’Ecce Homo databile al XVIII secolo. Nella cappella sono presenti due imponenti monumenti funebri appartenenti alla famiglia Mastrantonio, ma molte altri ve ne sono custoditi all'interno della Chiesa."

La chiesa venne edificata ed annessa al Convento dei Frati, oggi notevolmente ridotto ed esiguo nella sua estensione.
Con la soppressione degli Ordini Religiosi imposta dallo Stato nel 1866 ( leggi eversive) gran parte del Convento venne requisito e dal 1872 divenne sede dell’Archivio di Stato. Dall’unico cortile interno oggi accessibile si può osservare l’antica torre campanaria, d’impianto arabo dalla quale il 4 aprile 1860 si annunciò la rivolta dei patrioti contro l’esercito Borbonico.  Sul lato del cortile, dove è l’ingresso dall’esterno, si trova un affresco seicentesco con l’albero Genealogico dei Frati Minori di Sicilia e in alto la Consegna della regola a S. Francesco, opera di Antonino Grano. 

 Dal cortile si accede anche all’Oratorio dei Terziari Francescani, detto dei Pescatori (1615), affidato oggi all’Archivio di Stato e raramente visitabile. l'Oratorio era destinato ad accogliere la Congregazione Terziaria legata all’ Ordine religioso ed era dedicato a Santa Maria degli Angeli, come testimonia il grande affresco sulla volta centrale con la Consegna della Porziuncola a S. Francesco da parte della Vergine. Splendido scrigno barocco, il piccolo vano ha la volta e le pareti interamente ricoperte da una ricca decorazione in stucco con figure umane, putti e creature marine, attribuita a Vincenzo Messina o a Giuseppe e Giacomo Serpotta. La decorazione ad affresco è forse attribuibile a Vincenzo Bongiovanni.

La Buca della Salvezza

La storia della Chiesa della Gancia è storicamente collegata anche ad una vicenda popolare che vide protagonisti dei concittadini palermitani durante la rivolata antiborbonica del 1860. A ricordare l'episodio è posta una targa marmorea sul fianco esterno della Chiesa, in linea con la cripta sottostante. La storia racconta che il comitato popolare si apprestava a muoversi contro la dominazione borbonica, che vedeva sovrano Francesco II di Borbone, organizzando per la data del 4 aprile 1860 una grande rivolta armata. I rivoltosi si erano organizzati in tre gruppi, di cui uno faceva capo ad un deposito presso il Convento della Gancia, dove vi nascondevano armi e utensili. L'idea era quella di insorgere da più parti del quartiere per assaltare i corpi di guardia e le gendarmerie borboniche. Ma il giorno precedente alla rivolta, a seguito di alcuni arresti, le guardie scoprirono il piano della sommossa e immediatamente si organizzarono soffocarla. Il 4 aprile 1860 nei dintorni della Gancia e dentro il Convento, quasi tutti i rivoltosi furono arrestati o uccisi e solo pochi riuscirono a salvarsi. Tra questi i due capi rivolta Gaspare Bivona e Filippo Patti, che trovano rifugio nascondendosi tra i cadaveri della Cripta sottostante la Chiesa, eludendo i gendarmi che sorvegliano accuratamente la zona. I due, reclusi tra gli scheletri, vi trascorsero alcuni giorni al buio senza cibo né acqua. Quando finalmente riescono a fare un buco nel muro e a comunicare con una popolana, la donna con le "comari" escogita un piano per distogliere le guardie dalla Chiesa. Simulando una violenta e feroce rissa tra donne con tanto di urla, spinte e intenso trambusto, i due capi rivolta riescono agevolmente a fuggire grazie alla Buca della Salvezza, che prontamente allargata consente la loro fuga. L'episodio è ancora oggi ricordato da una lapide che li proclama salvi alla data del 9 aprile 1860.

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